lunedì 2 settembre 2013

Chomsky Disse che il linguaggio non era un artificio culturale che esisteva là fuori, nel mondo; è invece parte dello sviluppo umano. Fu bollato come “medievale” e paragonato alla scuola di Port-Royal, che riteneva la grammatica innata e una manifestazione divina. E’ lì che affondano le origini delle sue polemiche contro il postmodernismo. Chomsky fu il primo ad attaccare il comportamentismo, una forma di riduzionismo antiumanista secondo cui tutto si riduce all’azione dell’ambiente: “Un metodo perfetto che non spiega nulla”, dirà Chomsky scatenando un mare di polemiche. Uno scimpanzé al quale i ricercatori neodarwiniani cercarono invano di insegnare il linguaggio sarà persino soprannominato “Nim Chimpsky”. La sua condanna del potere dei media come “sacerdozio laico” lo avrebbe reso inviso agli intellettuali europei. Di recente Chomsky ha attaccato Jacques Lacan, dicendo di averne ricavato la sensazione che fosse un “ciarlatano” che “si atteggiava a favore delle telecamere nel modo tipico di molti intellettuali parigini”. Il linguista americano ha attaccato anche Jacques Derrida, il padre del decostruzionismo, noto per il deliberato oscurantismo della sua prosa e le affermazioni selvaggiamente esagerate, che ispirò e fece infuriare una generazione di intellettuali e studenti con l’argomentazione che il significato di un insieme di parole non è fisso e immutabile, argomentazione che sintetizzò nel famoso: “Non c’è nulla al di fuori del testo”. “Prendiamo Derrida, uno dei vecchi saggi”, ha scritto Chomsky.

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