martedì 5 novembre 2013
#LETTA - Il premier Letta (che sa le lingue) ha l’ambizione di essere cooptato nei circuiti internazionali. Anche a costo di fare da tappezzeria, come compete all’ultimo arrivato; l’ospite invitato solo per fare numero. Comunque sia, un effetto penoso. Difatti è stato ulteriormente imbarazzante – nella già tale faccenda Datagate – assistere allo schierarsi di Letta senza se e senza ma dalla parte del bullismo degli Stati Uniti, tirando sassate metaforiche contro l’omino coraggioso Edward Snowden, colpevole di aver disvelato meccanismi ignobili della sorveglianza spionistica dell’impero sull’orlo di una crisi di nervi. Impero che prima ha tentato di giustificare le proprie paranoie da segretezza con il tormentone della lotta al terrorismo (anche se risulta un po’ difficile collegare le conversazioni personali di papa Bergoglio alle congiure jihadiste) e poi ha iniziato a praticare lo scaricabarili al proprio interno. Eppure, con alto sprezzo del ridicolo, il chierichetto che rifà Moro con un look manageriale – il flebile Letta – neppure se ne cale. Plateale personificazione della metafora miserevole del correre in soccorso al vincitore. E qui il servilismo si intreccia in un groviglio disdicevole all’opportunismo.
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