giovedì 3 ottobre 2013
Papa Francesco e la lezione di Roncalli. - "Ingiustizia sociale da decisioni dei governi" Il Pontefice ricorda l'enciclica Pacem in Terris, con cui Giovanni XIII invocò la pace all'apice delle tensioni Usa-Urss. "Non solo diritti civili e politici, garantire ad ognuno anche l'accesso ai mezzi essenziali di sussistenza, cibo, acqua, casa, cure. La crisi economica è sintomo grave della mancanza di rispetto per l'uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni" - L'attualità del messaggio di Giovanni XXIII è stata evidenziata da Papa Francesco, ricordando i 50 Anni dell'enciclica Pacem in Terris, scritta da Roncalli nel 1963, in piena Guerra Fredda. "L'Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli", ha detto Papa Francesco, parlando ai partecipanti all'incontro celebrativo dei 50 anni dell'enciclica promosso dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace. Poi Bergoglio ha così tradotto nella contemporaneità la lezione di Roncalli: "La crisi economica mondiale è un sintomo grave della mancanza di rispetto per l'uomo e per la verità con cui sono state prese decisioni da parte dei Governi e dei cittadini". "Cari fratelli e sorelle - ha esordito Papa Francesco - condivido oggi con voi la commemorazione della storica enciclica Pacem in Terris, promulgata dal Beato Giovanni XXIII l'11 aprile 1963. La Provvidenza ha voluto che questo incontro avvenga proprio poco dopo l'annuncio della sua canonizzazione". "I più anziani tra noi - ha proseguito il Pontefice - ricordano bene l'epoca dell'enciclica Pacem in Terris. Era l'apice della cosiddetta 'Guerra Fredda'. Alla fine del 1962 l'umanità si era trovata sull'orlo di un conflitto atomico mondiale (la crisi Usa-Urss innescata dai missili atomici sovietici in viaggio via nave verso Cuba, ndr), e il Papa elevò un drammatico e accorato appello di pace, rivolgendosi così a tutti coloro che avevano la responsabilità del potere: 'Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che da tutti i punti della terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace, pace!'". "Era un grido agli uomini, ma era anche una supplica rivolta al cielo - ha osservato Bergoglio -. Il dialogo che allora faticosamente iniziò tra i grandi blocchi contrapposti ha portato, durante il pontificato di un altro Beato, Giovanni Paolo II, al superamento di quella fase e all'apertura di spazi di libertà e di dialogo. I semi di pace gettati dal Beato Giovanni XXIII hanno portato frutti. Eppure, nonostante siano caduti muri e barriere, il mondo continua ad avere bisogno di pace e il richiamo della Pacem in terris rimane fortemente attuale". "L'Enciclica del Beato Giovanni XXIII ci ricorda chiaramente che non ci può essere vera pace e armonia se non lavoriamo per una società più giusta e solidale, se non superiamo egoismi, individualismi, interessi di gruppo e questo a tutti i livelli. Guardando alla nostra realtà attuale - ha proseguito Bergoglio -, mi chiedo se abbiamo compreso questa lezione della Pacem in terris. Mi chiedo se le parole giustizia e solidarietà sono solo nel nostro dizionario o tutti operiamo perché divengano realtà". Perché "è compito di tutti gli uomini - ha rimarcato il Pontefice - costruire la pace, sull'esempio di Gesù Cristo, attraverso queste due strade: promuovere e praticare la giustizia, con verità e amore; contribuire, ognuno secondo le sue possibilità, allo sviluppo umano integrale, secondo la logica della solidarietà".
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