mercoledì 2 ottobre 2013

La grande utopia di Ignazio Marino sembra essersi scontrata con la dura realtà dell'amministrazione reale. Un impatto fragoroso, perché quando si amministra non c'è niente di più duro del bilancio. E infatti, alla fine il sindaco di Roma ha dovuto inchinarsi alla realpolitik riponendo in un angolo tutta la sua "diversità" che sin dal primo giorno aveva messo al centro del suo progetto: fare politica mettendo più in disparte possibile i partiti politici. Questo suo modo di fare gli era valso - durante la campagna elettorale - il soprannome di "marziano", mentre per altri era più che altro un grillino prestato al Pd, visto il suo voto a Rodotà come presidente della Repubblica e i suoi ripetuti tentativi di dialogare con i rappresentanti del M5S. Naturalmente questo suo essere un po' marziano e un po' grillino gli ha creato non pochi problemi sin dal primo giorno in cui è entrato in Campidoglio da sindaco. A crearglieli è stato il suo stesso partito, che ha mal sopportato la tenacia con cui Marino ha difeso la scelta di affidarsi a 6 "tecnici" su un totale di 12. Ma adesso sono quelli che prima soffrivano che se la ridono. Il motivo è semplice: il bilancio non si chiuderà grazie alle scelte dell'assessore Daniela Morgante, ma grazie all'intervento di altri assessori (in primis quello alla Mobilità Guido Improta).

http://www.huffingtonpost.it/francesco-blasilli/bilancio-il-marziano-ignazio-marino-torna-sulla-terra-almeno-per-ora_b_4021161.html?ncid=edlinkusaolp00000003

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