venerdì 27 settembre 2013
Mogli uccise - Non chiamateli «femminicidi» - È quasi sempre l’ultimo atto di lunghe relazioni malate, di tragedie di vita a due caratterizzate fin dall’inizio da prevaricazioni e contrasti. "La violenza maschile è la prima causa di morte per le donne in Europa e nel mondo. Ben si comprende, dunque, la comparsa anche nel nostro Paese di un neologismo, Femminicidio, coniato oltreoceano una ventina di anni fa dalla criminologa Diana Russell e poi entrato nell’uso comune grazie all’antropologa Marcela Lagarde, che lo utilizzò nei suoi scritti sui numerosi omicidi di donne compiuti al confine tra Messico e Stati Uniti. In Italia il termine approda nel 2008, in un libro di Barbara Spinelli Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale. Nella Treccani, alla voce corrispondente, si legge Femminicidio (feminicidio), s.m., uccisione diretta o provocata, eliminazione fisica o annientamento morale della donna e del suo ruolo sociale. Al pari di molti altri neologismi di derivazione anglosassone, femminicidio ha l’indubbio pregio della globale ed immediata comprensibilità di un fenomeno che, nelle sue diverse manifestazioni, sia l’uccisione della moglie o della figlia troppo "occidentalizzata" o altro ancora, ha come comune denominatore la violenza sulla donna. Nel caso della violenza all’interno della coppia, tuttavia, la parola femminicidio rischia di richiamare l’attenzione più su ciò che emerge dal pelo dell’acqua - l’uccisione della donna appunto - che su quello che sta sotto - la vita della coppia.
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