domenica 22 settembre 2013

Christian Caliandro, Le vite immaginarie dei giovani italiani - Nello scorcio finale di questa estate 2013, stando per parecchi giorni qui al Sud, ho fatto caso (meglio e con più attenzione) a un fenomeno che avevo già notato, ma non studiato. La maggior parte dei ragazzi e dei giovani adulti, nei paesi e nelle città meridionali, sembra vivere esistenze immaginarie. Del tutto finzionali. - "Mi spiego meglio: quando vedi uno che “fa l’avvocato”, o che “fa il commercialista”, o anche che “fa l’ingegnere”, o persino che “fa l’artista”, hai la sensazione piuttosto netta che quasi mai stia facendo quel mestiere per davvero. Svolgendo un lavoro, infatti, tu vivi e ti guadagni da vivere grazie alla tua opera e alla tua professionalità. Questi invece recitano, continuamente; prendono parte a una commedia che investe praticamente ogni aspetto della loro vita quotidiana. In questa recita, svolgono un ruolo fondamentale i “macchinoni” (francamente ridicoli e fuori luogo in mano a trentenni in fondo spiantati), le belle camicie, le cene fuori. La domanda che sale spontanea alle labbra in questi casi è: “Ma come campano?” Questi individui di specie nuova (ma non troppo, poi: basta pensare a I vitelloni, o alla figura del genero a tavola in Amarcord…) vengono “campati” dalle famiglie, dai genitori. Non solo al Sud, mi sembra, ma ormai nell’intero Paese."

http://www.artribune.com/2013/09/le-vite-immaginarie-dei-giovani-italiani/

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